La chiesa dell’Annunziata potrebbe essere preesistente rispetto al Monastero e pare che in un’epoca remota fosse dedicata a Santa Maria degli Infermi, ma non conosciamo la fonte di questa notizia riportata dal De Gregorio. Secondo Vincenzo La Mendola, Teologo, storico e amico, questa dedica potrebbe significare che in principio essa fosse legata all’Ordine dei Carmelitani.
Sicuramente essa sorse lungo la via di transumanza che consentiva alle greggi, seguendo il torrente Turibolo, di ascendere ai pascoli verdi durante i mesi estivi.
Veniva indicata dai cammaratesi come "Badia di sotto" per distinguerla dalla "Badia di sopra" ossia la Chiesa di Santa Domenica dell'altro monastero benedettino femminile del paese, che effettivamente ancora oggi noi chiamiamo "Badia".
La chiesa appare oggi in buono stato perché è stata restaurata circa trenta anni fa.
Sicuramente l' interno non corrisponde a quello che vivevano durante le preghiere le monache qualche secolo fa: nel Settecento infatti è stato fortemente modificato, forse in coincidenza con il trasferimento delle monache presso il Monastero di Santa Domenica in via Roma.
Sicuramente essa sorse lungo la via di transumanza che consentiva alle greggi, seguendo il torrente Turibolo, di ascendere ai pascoli verdi durante i mesi estivi.
Veniva indicata dai cammaratesi come "Badia di sotto" per distinguerla dalla "Badia di sopra" ossia la Chiesa di Santa Domenica dell'altro monastero benedettino femminile del paese, che effettivamente ancora oggi noi chiamiamo "Badia".
La chiesa appare oggi in buono stato perché è stata restaurata circa trenta anni fa.
Sicuramente l' interno non corrisponde a quello che vivevano durante le preghiere le monache qualche secolo fa: nel Settecento infatti è stato fortemente modificato, forse in coincidenza con il trasferimento delle monache presso il Monastero di Santa Domenica in via Roma.
Si tratta di una chiesa ad una navata, di proporzioni allungate e con abside quadrata, caratteristiche che potrebbero d’altronde suffragare una origine medievale dell’edificio.
il portico della chiesa dell'Annunziata
Questo portico, denominato nei documenti “appinnata”, è sicuramente è l’elemento più caratteristico e più autentico della chiesa. Potrebbe essere stato vano di accesso sia del monastero che della chiesa.
E’ uno spazio esterno antistante la chiesa, leggermente più largo di essa specie sul lato orientale, coperto da un tetto ligneo a due falde simmetriche, aperto sul davanti tramite un grande arco a sesto acuto e anche su uno dei lati lunghi, dove si aprono due archi a tutto sesto che condividono l’appoggio su una colonna a conci dal semplice capitello schiacciato scolpito.
L’altro lato lungo del portico è cieco e su di esso da qualche anno sono state trasferite dal giardino le due vasche per l’acqua in pietra: esse si trovavano in una parte delle mura del giardino che proprio lì formano una esedra concava. Se davvero il giardino adottato era il giardino dei semplici del Monastero dell’Annunziata, dedicato alla coltivazione delle piante officinali, secondo i botanici che la hanno vista questa ‘fontana’ potrebbe essere stata utilizzata per le coltivazioni di piante acquatiche o che comunque necessitavamo di molta umidità, come il capelvenere.
Nel 1521 sicuramente almeno la chiesa esisteva ed era dedicata all’Annunziata, dato che nell'epigrafe sopra il concio di chiave dell’arco di ingresso del portico, sotto il rilievo con le tre croci del Calvario si legge “ Hoc opus fieri fecit Honorabilis Barnada De Callari ad laudem B.tae Virginis Mariae in anno X Ind. 1521”
E’ uno spazio esterno antistante la chiesa, leggermente più largo di essa specie sul lato orientale, coperto da un tetto ligneo a due falde simmetriche, aperto sul davanti tramite un grande arco a sesto acuto e anche su uno dei lati lunghi, dove si aprono due archi a tutto sesto che condividono l’appoggio su una colonna a conci dal semplice capitello schiacciato scolpito.
L’altro lato lungo del portico è cieco e su di esso da qualche anno sono state trasferite dal giardino le due vasche per l’acqua in pietra: esse si trovavano in una parte delle mura del giardino che proprio lì formano una esedra concava. Se davvero il giardino adottato era il giardino dei semplici del Monastero dell’Annunziata, dedicato alla coltivazione delle piante officinali, secondo i botanici che la hanno vista questa ‘fontana’ potrebbe essere stata utilizzata per le coltivazioni di piante acquatiche o che comunque necessitavamo di molta umidità, come il capelvenere.
Nel 1521 sicuramente almeno la chiesa esisteva ed era dedicata all’Annunziata, dato che nell'epigrafe sopra il concio di chiave dell’arco di ingresso del portico, sotto il rilievo con le tre croci del Calvario si legge “ Hoc opus fieri fecit Honorabilis Barnada De Callari ad laudem B.tae Virginis Mariae in anno X Ind. 1521”
Quindi: “Quest’opera fece eseguire l’onorabile Barnaba De Callari a lode della B.V.Maria nell'anno X ind. 1521”, ma siamo propensi a pensare che si tratti di una ristrutturazione del portico, non di una edificazione ex novo, al momento difficile da datare circa l’anno di fondazione.
Il signor Barnaba De Callari citato era, per quello che sappiamo, una persona benestante e un benefattore di diverse istituzioni religiose locali.
- Nel 1501 nella vecchia Chiesa Madre lui e suo fratello avevano fatto erigere la Cappella dedicata a Santa Maria della Catena e davanti ad essa era stata collocata la tomba della famiglia;
- fu sempre per sua benemerenza che venne scolpita nel 1518 la statua in marmo di Sant’Elia, donata alla Chiesa omonima che oggi non è più esistente, che è ancora conservata nella Chiesa della Madonna del Carmelo a San Giovanni Gemini.
- Nel 1521 evidentemente egli finanziò l’edificazione, o più probabilmente, la ristrutturazione del portico della chiesa.
Il signor Barnaba De Callari citato era, per quello che sappiamo, una persona benestante e un benefattore di diverse istituzioni religiose locali.
- Nel 1501 nella vecchia Chiesa Madre lui e suo fratello avevano fatto erigere la Cappella dedicata a Santa Maria della Catena e davanti ad essa era stata collocata la tomba della famiglia;
- fu sempre per sua benemerenza che venne scolpita nel 1518 la statua in marmo di Sant’Elia, donata alla Chiesa omonima che oggi non è più esistente, che è ancora conservata nella Chiesa della Madonna del Carmelo a San Giovanni Gemini.
- Nel 1521 evidentemente egli finanziò l’edificazione, o più probabilmente, la ristrutturazione del portico della chiesa.
La sagoma dell’arco a sesto acuto, realizzato con pietre ben squadrate, la muratura eterogenea, il capitello in pietra decorato a girali e le proporzioni tozze del fusto della colonna, ci fanno supporre che il portico fosse precedente al 1521, almeno di un secolo perché hanno connotati tardo medievali. Anche supponendo un ritardo stilistico dovuto alla collocazione periferica di Cammarata, le caratteristiche suddette stonano con una realizzazione nel Cinquecento.
Si aggiunge poi un’altra considerazione che conforta la retrodatazione del portico: secondo la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento - Sezione Beni Architettonici - per il tramite della Dott.ssa A. De Vecchi, questo della Chiesa della Annunziata in Cammarata è l’unico portico antistante una chiesa nella provincia di Agrigento superstite. I portici di questo tipo a quanto pare erano diffusi nelle chiese nel circondario, ma sono stati tutti demoliti; certamente un portico simile precedeva la antica Chiesa Madre di Cammarata di origini medievali, distrutta dall’incendio del 1624 e infatti nel documento che racconta l’incendio che la devastò viene denominato analogamente “appinnata” ( De Gregorio D., op.cit., .pag. 363 )
Ad Agrigento, sempre secondo la Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento, un portico simile era ad esempio davanti il convento trecentesco di San Vito e ne rimane immagine in un piccolo quadro dell’Ottocento conservato presso il Museo Civico di Agrigento al Monastero di Santo Spirito.
Si aggiunge poi un’altra considerazione che conforta la retrodatazione del portico: secondo la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento - Sezione Beni Architettonici - per il tramite della Dott.ssa A. De Vecchi, questo della Chiesa della Annunziata in Cammarata è l’unico portico antistante una chiesa nella provincia di Agrigento superstite. I portici di questo tipo a quanto pare erano diffusi nelle chiese nel circondario, ma sono stati tutti demoliti; certamente un portico simile precedeva la antica Chiesa Madre di Cammarata di origini medievali, distrutta dall’incendio del 1624 e infatti nel documento che racconta l’incendio che la devastò viene denominato analogamente “appinnata” ( De Gregorio D., op.cit., .pag. 363 )
Ad Agrigento, sempre secondo la Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento, un portico simile era ad esempio davanti il convento trecentesco di San Vito e ne rimane immagine in un piccolo quadro dell’Ottocento conservato presso il Museo Civico di Agrigento al Monastero di Santo Spirito.
All’interno del portico, sul fronte della chiesa accanto all’accesso alla chiesa, affiora un affresco purtroppo molto danneggiato, nel quale paiono distinguersi a destra la Madonna e a sinistra Gesù o un santo. Sulla porta d’ingresso alla chiesa, sempre in affresco, si legge un simbolo cuoriforme.di difficile decifrazione. Potrebbe trattarsi di uno stemma dell’Ordine benedettino o di un blasone di una delle famiglie committenti, o un monogramma con simboli o scritte.
Nel 1586 Ercole Branciforti, che fu ambasciatore presso l’Imperatore Rodolfo, portò al suo ritorno dalla città tedesca di Colonia a Cammarata delle reliquie appartenenti alle compagne di martirio di Sant'Orsola, consistenti in sette crani, cercando di alimentare il culto della Santa nel nostro paese: la parte principale di queste reliquie, ossia “tre capi e mezzo” furono custoditi in un contenitore bianco in avorio presso la rinnovata Chiesa di Sant'Orsola, un capo fu portato nella Chiesa dell’Annunziata, mezzo capo in quella di Santa Domenica, mezzo capo presso il convento dei Frati Minori, mezzo presso il convento dei Cappuccini a San Giovanni Gemini e uno presso la Cattedrale di Agrigento. Ma di queste reliquie oggi non rimane traccia.
Nel 1587 lo stesso Ercole Branciforti, diventato nel frattempo Duca, separò ufficialmente i territori di Cammarata e San Giovanni Gemini, prendendo come confine naturale il torrente Turibolo (vedi sezione dedicata in questo sito).
Nel 1587 lo stesso Ercole Branciforti, diventato nel frattempo Duca, separò ufficialmente i territori di Cammarata e San Giovanni Gemini, prendendo come confine naturale il torrente Turibolo (vedi sezione dedicata in questo sito).
Durante la visita pastorale del 9 luglio 1669 il Vescovo descrive con dovizia di particolari arredi e suppellettili sacre che non esistono più nella chiesa attuale, ma non dà mai informazioni sull’edificio o sul portico.
Nel verbale relativo vengono citati: un tabernacolo ligneo aureo, un altare con il dipinto dell’Annunziata (che può corrispondere con il dipinto attuale se supponiamo che l’autore non sia Padre Fedele da San Biagio nel 1690-1710. L’attribuzione infatti non è certa) e con il SS. Sacramento, quello dedicato al Crocifisso (che non dovrebbe essere quello visibile attualmente datato al XVIII secolo), quello dedicato a Santa Maria dell’Udienza, (oggi non più esistente) “legato” a Donna Maria Branciforti e solitamente ricorrente nelle chiese curate dall’Ordine dei Carmelitani.
Nel verbale del 1669 si citano anche le reliquie di Santa Scolastica, San Benedetto e Santa Croce, caratterizzanti dell’Ordine benedettino, descritte in buone condizioni. Queste reliquie non sono più nella chiesa e possiamo supporre che nel 1792, quando le monache si trasferirono al monastero di Santa Domenica, le portarono con sé.
Inoltre vengono citati un altare dedicato a Sant’Antonio Da Padova e uno dedicato a Santa Rosalia ( “...i cadaveri sotto devono essere tolti…”), che non esistono nella chiesa attuale. Il vescovo dice inoltre che occorre rifare la pavimentazione della chiesa perché in cattive condizioni.
Nel verbale relativo vengono citati: un tabernacolo ligneo aureo, un altare con il dipinto dell’Annunziata (che può corrispondere con il dipinto attuale se supponiamo che l’autore non sia Padre Fedele da San Biagio nel 1690-1710. L’attribuzione infatti non è certa) e con il SS. Sacramento, quello dedicato al Crocifisso (che non dovrebbe essere quello visibile attualmente datato al XVIII secolo), quello dedicato a Santa Maria dell’Udienza, (oggi non più esistente) “legato” a Donna Maria Branciforti e solitamente ricorrente nelle chiese curate dall’Ordine dei Carmelitani.
Nel verbale del 1669 si citano anche le reliquie di Santa Scolastica, San Benedetto e Santa Croce, caratterizzanti dell’Ordine benedettino, descritte in buone condizioni. Queste reliquie non sono più nella chiesa e possiamo supporre che nel 1792, quando le monache si trasferirono al monastero di Santa Domenica, le portarono con sé.
Inoltre vengono citati un altare dedicato a Sant’Antonio Da Padova e uno dedicato a Santa Rosalia ( “...i cadaveri sotto devono essere tolti…”), che non esistono nella chiesa attuale. Il vescovo dice inoltre che occorre rifare la pavimentazione della chiesa perché in cattive condizioni.
Possiamo supporre quindi che nel Settecento la chiesa sia stata ristrutturata, variandone pesantemente non solo la decorazione ma anche la disposizione e l’intitolazione degli altari e la posizione delle suppellettili.
Secondo la tradizione, nel 1751, a causa della forte pioggia, alcuni burgitani, che trasportavano l’immagine sacra di un Crocifisso da Palermo, furono costretti a fermarsi nella chiesetta. Appena entrati nella chiesa con il Crocifisso la pioggia cessò; appena provarono, più volte, a riprendere il cammino, la pioggia riprese. Le benedettine raccolsero i fondi per pagare l’opera e farla rimanere nella chiesa dell’Annunziata dove compì diversi miracoli (De Gregorio, 1965, pp. 41-42), anche se il De Gregorio ritiene che l’evento vada anticipato perché il Crocifisso è databile al XVII secolo (De Gregorio, 1986, p. 353).
Secondo la tradizione, nel 1751, a causa della forte pioggia, alcuni burgitani, che trasportavano l’immagine sacra di un Crocifisso da Palermo, furono costretti a fermarsi nella chiesetta. Appena entrati nella chiesa con il Crocifisso la pioggia cessò; appena provarono, più volte, a riprendere il cammino, la pioggia riprese. Le benedettine raccolsero i fondi per pagare l’opera e farla rimanere nella chiesa dell’Annunziata dove compì diversi miracoli (De Gregorio, 1965, pp. 41-42), anche se il De Gregorio ritiene che l’evento vada anticipato perché il Crocifisso è databile al XVII secolo (De Gregorio, 1986, p. 353).
Durante i lavori del laboratorio abbiamo anche pensato di dedicare un particolare approfondimento alla Chiesa dell'Annunziata, come per la Chiesa Madre, e altare per altare troverete le informazioni delle maggiori opere in esse contenute
Riguardo al mezzo, abbiamo pensato di utilizzare il programma THINGLINK, che consente di consultare le planimetrie anche da un tablet o un telefonino, di andare con il cursore sul monumento evidenziato sulla planimetria e da lì leggere o ascoltare con il tasto apposito una breve descrizione e vedere delle foto dell'edificio e di alcune opere importanti in esso contenute. Ma, cosa non trascurabile dato che speriamo di poter fare utilizzare il nostro lavoro ad una platea di visitatori anche stranieri, consente in un istante di tradurre in moltissime lingue lo scritto e di ascoltare il testo tradotto.
Speriamo che questi nostri lavori possano essere utilizzati tante volte così da far apprezzare, a cammaratesi e non, il nostro Patrimonio.
Oggi la Chiesa dell’Annunziata conserva delle opere provenienti da altre chiese, quali “La Maddalena penitente”, una bella tela settecentesca , che speriamo venga presto restaurata. UNO DEGLI OBIETTIVI DELLA SECONDA ANNULITA' DEL PRESENTE PROGETTO SARA' QUELLO DI SOLLECITARNE IL RESTAURO DA PARTE DEGLI ENTI PREPOSTI O DI TROVARE MODALITA' DI PARTECIPAZIONE PUBBLICA PER ARRIVARE ALLO SCOPO.
Di autore ignoto, essa riprende in posizione speculare la celebre "Maddalena penitente" di Guido Reni realizzata intorno al 1630 e conservata presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. Sicuramente l'autore del quadro di Cammarata lo aveva visto, date le numerose analogie, o quantomeno ne aveva una riproduzione in stampa appunto speculare.
Il quadro apparteneva alla demolita Chiesa della Maddalena, collocabile tra la Chiesa dell’Annunziata e la Chiesa Madre, (oltre alla statuetta della Madonna di Porto Salvo e quella di Sant'Antonio da Padova), la cui struttura era gravemente compromessa già prima della cosiddetta "frana della Maddalena" del gennaio 1945, di cui riportiamo la preziosa testimonianza del carissimo Don Mario Albanese.
Sappiamo che in un atto del 1730 riguardante la dotazione della nuova Chiesa della Maddalena ( nuova rispetto a quella esistente nel Cinquecento) il quadro viene così descritto: "....con una sua cornice dorata....e foglia alla romana coll'immagine di detta gloriosa Maddalena di palmi 10 in circa" ( da D. De Gregorio, Cammarata. Notizie sul territorio e la sua storia, Cammarata 1986, pag. 331.)
Della Chiesa della Maddalena sappiamo pochissimo e ancor meno, al momento, della committenza della preziosa tela.
Riguardo al mezzo, abbiamo pensato di utilizzare il programma THINGLINK, che consente di consultare le planimetrie anche da un tablet o un telefonino, di andare con il cursore sul monumento evidenziato sulla planimetria e da lì leggere o ascoltare con il tasto apposito una breve descrizione e vedere delle foto dell'edificio e di alcune opere importanti in esso contenute. Ma, cosa non trascurabile dato che speriamo di poter fare utilizzare il nostro lavoro ad una platea di visitatori anche stranieri, consente in un istante di tradurre in moltissime lingue lo scritto e di ascoltare il testo tradotto.
Speriamo che questi nostri lavori possano essere utilizzati tante volte così da far apprezzare, a cammaratesi e non, il nostro Patrimonio.
Oggi la Chiesa dell’Annunziata conserva delle opere provenienti da altre chiese, quali “La Maddalena penitente”, una bella tela settecentesca , che speriamo venga presto restaurata. UNO DEGLI OBIETTIVI DELLA SECONDA ANNULITA' DEL PRESENTE PROGETTO SARA' QUELLO DI SOLLECITARNE IL RESTAURO DA PARTE DEGLI ENTI PREPOSTI O DI TROVARE MODALITA' DI PARTECIPAZIONE PUBBLICA PER ARRIVARE ALLO SCOPO.
Di autore ignoto, essa riprende in posizione speculare la celebre "Maddalena penitente" di Guido Reni realizzata intorno al 1630 e conservata presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. Sicuramente l'autore del quadro di Cammarata lo aveva visto, date le numerose analogie, o quantomeno ne aveva una riproduzione in stampa appunto speculare.
Il quadro apparteneva alla demolita Chiesa della Maddalena, collocabile tra la Chiesa dell’Annunziata e la Chiesa Madre, (oltre alla statuetta della Madonna di Porto Salvo e quella di Sant'Antonio da Padova), la cui struttura era gravemente compromessa già prima della cosiddetta "frana della Maddalena" del gennaio 1945, di cui riportiamo la preziosa testimonianza del carissimo Don Mario Albanese.
Sappiamo che in un atto del 1730 riguardante la dotazione della nuova Chiesa della Maddalena ( nuova rispetto a quella esistente nel Cinquecento) il quadro viene così descritto: "....con una sua cornice dorata....e foglia alla romana coll'immagine di detta gloriosa Maddalena di palmi 10 in circa" ( da D. De Gregorio, Cammarata. Notizie sul territorio e la sua storia, Cammarata 1986, pag. 331.)
Della Chiesa della Maddalena sappiamo pochissimo e ancor meno, al momento, della committenza della preziosa tela.
Nella cHiesa dell'Annunziata si conserva anche la statua lignea di San Giacomo che era collocata nella Chiesa di San Giacomo e San Giovanni Apostolo, sempre nel quartiere Gianguarna, oggi fatiscente e affidata al Comune di Cammarata con l’auspicio che possa diventare il museo del nostro paese.